I soldati italiani impegnati nella seconda metà degli Anni Trenta in terra africana per la conquista dell’Etiopia si trovarono faccia a faccia con “curiose” costruzioni nel deserto, alte anche più di sei metri, risultando uno degli elementi più caratteristici di tutto il panorama. Ma a rendere ancora più affascinanti ai tanti militari coloniali queste strane forme che si stagliavano alte dalla sabbia era il fatto che non
fossero opera dell’uomo, ma di piccoli insetti: le termiti. Eccola, dunque, quella “curiosa conoscenza dei nostri soldati in Somalia” descritta in un reportage del Giornalista Ottorino Cerquiglini sulla Domenica del Corriere del 18 ottobre 1936. Così, da inviato di guerra, Cerquiglini quasi diventa un divulgatore scientifico al pari dei corrispondenti del National Geographic, descrivendo i termitai simili a “fantastiche cattedrali dalle guglie bizzarre e dai capricciosi pinnacoli, a piramidi consunte, a castelli in rovina, a borghi fantomatici, a obelischi corrosi e frastagliati, a funghi colossali. La sorpresa che essi destano a vederli cresce quando, come in Somalia, se ne trovano molti, gli uni accanto gli altri, quasi simmetricamente disposti ed equamente distanziati, e costellano interi territori, a perdita d’occhio”.
E la curiosità per i nostri soldati nel vedere queste strane “sculture” fu così tanta, che durante i turni di riposo dopo i numerosi combattimenti contro le bande indigene, erano soventi farsi fotografare a fianco degli enormi termitai. Ma, spesso e volentieri, rappresentarono anche degli ottimi ripari durante gli assalti. E dalla penna di Cerquiglini traspare quasi l’impotenza dell’uomo sulla natura, dell’acciaio che se “volesse provare la sua tempra su quella del termitaio, ne avrebbe la peggio. Le più violente piogge equatoriali lo percuotono invano e anche gli alberi giganteschi si abbattono su di esso senza neppure scalfirlo”. Traspare, infine, una sorta di “rispetto” e “riverenza” verso questo piccolo insetto sotterraneo incontrato dai soldati: “Molti misteri sono ancora da diradare nella vita di questo animaletto che si trova sulla terra, secondo alcuni scienziati, da cento milioni di anni prima di noi. Ha una civiltà che è la più antica che si conosca, superiore a quella stessa dell’uomo. E’, quindi, assai rispettabile. Per noi Italiani, poi, lo è in modo particolare”.