I bimbi d’Italia si chiaman Balilla…

Mito del BalillaL’Opera Nazionale Balilla, ovvero l’istituzione più celebre di tutto il Partito Fascista e del suo mondo giovanile: i nostri nonni ne facevano parte, fino ai dieci anni, per poi diventare Avanguardisti. Il suo nome completo era Opera Nazionale Balilla per l’assistenza e per l’educazione fisica e morale della gioventù e venne istituita nel 1926, per poi confluire nel 1937 (assieme ai Fasci Giovanili di Combattimento) nella Gioventù Italiana del Littorio. Per il Fascismo di Benito Mussolini, gli Italiani sarebbero stati “fascistizzati” fin da bambini, educandoli secondo forme militari per farne i soldati perfetti. Il termine Balilla divenne un sinonimo di italianità in tutto il mondo tanto che la FIAT, a partire dal 1933, denominò un proprio modello di automobile, caratterizzando al tempo stesso la prima motorizzazione di massa dell’Italia. Ma se oggi il termine rimanda alla mussoliniana memoria del Ventennio fascista, pochi sanno la vera origine del nome: cos’è, o meglio chi è, il Balilla?

Fiat 508 BalillaPer risalire al primo uso istituzionale della parola, dobbiamo leggere per intero l’Inno di Mameli, quella canzone di tutti gli Italiani che è diventata l’Inno dopo la proclamazione della Repubblica nel 1946 in sostituzione della Marcia Reale di Casa Savoia: esso, infatti, non è composto dalla sola strofa cui siamo abituati a cantare ogni qualvolta la nostra Nazionale di Calcio scende in campo; in tutto, sono cinque le strofe scritte da Goffredo Mameli e musicate da Giuseppe Novaro tra il novembre e il dicembre 1847. E in una di essa compare il fatidico verso: I bimbi d’Italia si chiaman Balilla. Goffredo Mameli scrisse il suo inno nell’autunno 1847, in un clima che preludeva alle Cinque Giornate di Milano e all’inizio dell’epoca risorgimentale e delle guerre d’indipendenza contro la monarchia asburgica. E’ un Inno che ripercorre tutta la storia italiana fino a quel momento, fatta di guerre per l’unità e rivincite sulle dominazioni stranieri. Come la vicenda di Balilla, che risale esattamente ad un secolo prima della stesura del testo, al 1746.

Opera Nazionale BalillaGiovanni Battista Perasso, genovese, detto appunto Balilla (ovvero il diminutivo di “balla”, termine genovese usato ancora oggi come appellativo per i bambini attorno ai quindici anni) il 5 dicembre 1746, nel Quartiere Portoria a Genova, diede inizio alla sollevazione popolare della città contro gli occupanti dell’Impero Asburgico: la tradizione vuole, infatti, che il giovane ragazzo abbia incitato la popolazione a ribellarsi, scagliando contro un gruppo di soldati imperiali un sasso, dopo che questi, con metodi rudi e violenti, stavano obbligando alcuni passanti a estrarre fuori dal fango un pezzo d’artiglieria che era rimasto impantanato durante un trasporto. Iniziò una fitta sassaiola, durante la quale gli Austriaci furono costretti a fuggire e ad abbandonare il loro mortaio. Nacque così il mito del Balilla, un mito che, come ricordava lo storico genovese Federico Donaver nella sua Storia di Genova edita nel 1890, il monumento di Portoria anziché un Eroe individuo rappresenta l’ardire generoso d’un popolo che, giunto al colmo dell’oppressione, spezza le sue catene e si rivendica la libertà”.

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