Tutte le storie hanno un loro inizio. E anche quella raccontata da Gabriele Bagnoli in La Stella Rossa sul mare, saggio dedicato alla Marina Militare Sovietica nel secondo conflitto mondiale ha il suo. E ha inizio con la nomina a Commissario del Popolo della Flotta Rossa degli Operai e dei Contadini di Nikolay Gerasimovic Kuznecov, nell’aprile 1939: compito arduo quello venne affidato direttamente da Josif Stalin ad un ufficiale poco più che trentenne. Ossia quello di creare una grande flotta oceanica, risollevarla dagli anni bui della Prima Guerra Mondiale, della guerra civile e delle purghe della seconda metà degli Anni Trenta, che decapitarono moltissimi vertici delle forze armate. Di più: la nuova flotta rossa avrebbe dovuto competere sui mari e sugli oceani con le loro controparti europee, in primis la Royal Navy inglese e la Kriegsmarine tedesca, ma anche con la United States Navy e con quella giapponese. Con quest’ultima, poi, la cocente sconfitta della flotta zarista di Tsushima, nel 1905, era ancora forte e viva, tanto nell’opinione pubblica quanto nelle gerarchie militari. Questo racconta il libro di Gabriele Bagnoli: di come un uomo, Nikolay Kuznecov, tentò di risollevare quella marina che, negli della Guerra Fredda, diverrà quella Sovyetsky Voenno Morskoj Flot che contenderà sul mare il predominio alla sua controparte americana. Ma le basi di quella potenza navale andranno ricercate proprio nella riorganizzazione intrapresa dall’Ammiraglio Kuznecov, riorganizzazione e modernizzazione bruscamente interrotte dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Fu proprio con il secondo conflitto mondiale che la nuova Marina Sovietica di Nikolay Kuznecov ebbe la sua prova più grande: divisa in quattro flotte (quella del Baltico, del Mar del Nord, del Pacifico e del Mar Nero), cui si aggiungevano flottiglie minori lacustri e fluviali, dove non arrivarono i mezzi, sopperirono gli uomini con il loro coraggio. E spesso con la vita. Sono, infatti, gli ufficiali, i sottufficiali e i semplici marinai ad essere ricordati in La Stella sul mare: come ricorda l’autore stesso nelle pagine del libro, il lettore non troverà lunghi elenchi di navi, dettagli costruttivi di incrociatori e cacciatorpediniere, nozioni tecniche su calibri e gittate dei cannoni, bensì i nomi e i cognomi di quanti affrontarono in combattimento i Tedeschi, i Rumeni, i Finlandesi e gli Italiani dei MAS sul Lago Ladoga e sul Mar Nero. Ecco, dunque, la vera finalità del libro: vuole essere la voce dei protagonisti, narrare le loro storie e le loro azioni, dare un nome e cognome a quegli uomini di mare che, spesso, donarono la loro stessa vita. Cercare di colmare un vuoto, dunque. Sicuramente questo volume c’è riuscito solo in parte, perché tanto altro è ancora da scrivere e da far conoscere al pubblico degli appassionati di storia militare e dei ricercatori del secondo conflitto mondiale in merito alla Flotta Rossa dell’Ammiraglio Kuznecov. L’augurio dunque è che questo lavoro faccia da apripista e dia impulso a nuove e ulteriori ricerche.
Perché la vittoria, per gli Alleati Anglo-Americani e Sovietici, passò, anche e soprattutto, dal mare: ma non soltanto dal Mar Mediterraneo, dall’Oceano Atlantico e dall’Oceano Pacifico. Passò, infatti, anche dal Mar Nero, dove parallelamente alla flotta di Mosca intere pagine di eccezionale eroismo vennero scritte da un manipolo di marinai italiani al comando di Francesco Mimbelli. E ancora dai Laghi Onega e Ladoga, dalle fredde acque del Mar Baltico e dal Mare Artico, dai corsi dei Fiumi Dnepr e Danubio, per giungere fino alle piccole isole dell’Arcipelago delle Curili, situate all’estremo nord-orientale della Penisola della Kamchatka. Oggi, Nikolai Gerasimovic Kuznecov è considerato dai Russi uno degli uomini più importanti della loro Storia, nonché “padre” della Marina moderna. Alla sua memoria è stata intitolata l’Accademia Navale di San Pietroburgo, nonché l’attuale nave ammiraglia della Voenno Morskoj Flot: la Portaerei Admiral Flota Sovetskogo Soyuza Kuznecov che, con le sue oltre 58.600 tonnellate di dislocamento e i suoi oltre trecento metri di lunghezza, è una delle più grandi al mondo. E, forse, è stato questo il suo lascito più importante: aver aperto il dibattito affinché anche l’Unione Sovietica si dotasse di unità portaerei, fondamentali per ogni potenza che ambisca a giocare un ruolo da protagonista sui mari e sugli oceani.