Mancò la fortuna, non il valore!

Divisione Corazzata Ariete a El Alamein“Mancò la fortuna, non il valore!” riporta una bianca targa marmorea su un cippo nel deserto egiziano. A porla furono i Bersaglieri del 7° Reggimento il 1° luglio 1942, quando ancora la strada per Alessandria (e poi quella per Il Cairo) sembrava a portata di mano. Ma la linea del fronte si allungava, centinaia di chilometri di piste nel deserto, solo sabbia e qualche sasso. I rifornimenti cominciarono a giungere sempre più centellinati, i soldati cominciarono a lavarsi con la sabbia e a razionare acqua e viveri. La benzina per gli autocarri scarseggiava e quella arrivata via mare era sempre di meno a causa dell’affondamento dei trasporti operati dalla Royal Air Force e dalla Royal Navy. Meno di un anno prima era già stata persa l’Africa Orientale (Somalia, Eritrea ed Etiopia) e l’impero del 1935 stava dissolvendosi come polvere tra la dune del deserto. Ma i soldati resistevano. Nell’Amba Alagi, a Culquaber, a Gondar, i nostri figli d’Italia ricevettero l’onore delle armi. E presto sarebbe toccato anche a coloro che stavano continuando a combattere sul fronte settentrionale: la speranza di riunire nel Caucaso, passando dal Medio Oriente e dalla Crimea, l’Afrika Korps di Rommel con le truppe che stavano avanzando in Unione Sovietica, raggiungendo così i pozzi di petrolio, obiettivo vero di tutte le guerre, anche di quelle ideologiche, rimase solo un sogno sulle carte dei generali.

Mancò la fortuna non il valore!Il 23 ottobre 1942, e fino al 5 novembre (data in cui non si registrano più attività belliche), sul fronte egiziano di El Alamein venne scritta una delle pagine più eroiche di tutta la Seconda Guerra Mondiale. Erano i ragazzi della Divisione Paracadutisti Folgore, i Fanti delle Divisioni Pavia, Bologna e Brescia, i Carristi dell’Ariete, della Trieste e della Littorio, erano i Bersaglieri, gli Artiglieri, gli Autieri, i Furieri, i Genieri e i Finanzieri; e ancora i Carabinieri e gli Avieri rimasti senza arei. Un’incredibile ondata di fuoco si riversò sul fronte sud, dove era schierato il grosso delle truppe italiane. Prima l’artiglieria inglese con i pezzi da 88, poi un’ondata di acciaio e cingoli. A nulla valse il sacrificio dei nostri Carristi, con la Divisione Ariete completamente distrutta. A contatto col nemico fu comunicato al comando che “carri armati nemici fatta irruzione a sud. Con ciò Ariete accerchiata. Trovasi circa cinque chilometri nord-ovest Bir el Abd. Carri Ariete combattono!”: l’Ariete, poco dopo, non esisteva più. Senza più mezzi corazzati a difesa, l’accerchiamento delle forze italiane fu portato a termine in breve tempo. Ma come poi accadrà migliaia di chilometri più lontano, in guerra, oltre a vincere e a perdere, conta anche come si vince e come si perde. La resistenza italiana dura fino al 5 novembre 1942, quando anche gli ultimi capisaldi tenuti dai resti della Folgore e della Pavia furono annientati.

Battaglia di El AlameinOltre 30.000 furono le perdite (tra morti, feriti, dispersi e prigionieri) tra le truppe dell’Asse, anche se la maggior parte erano soldati italiani: a Quota 33, una bassa collina sulla litoranea per Alessandria, sorge oggi il Sacrario Militare italiano in cui hanno trovato l’ultima dimora 5200 militari (di cui quasi la metà ignoti), rinvenuti negli anni immediatamente successivi alla guerra tra le dune del deserto. Voluto e realizzato dal Colonnello del Genio Paolo Caccia Dominioni, che combatté tra quelle dune, sorge sul luogo dove, il 10 luglio 1942, fu attaccato e distrutto il 52° Gruppo Cannoni da 152/37. La guerra, dopo El Alamein, sarebbe continuata su altri fronti. Torino, Pasubio, Celere, Sforzesca, Cosseria, Ravenna, Vicenza, Julia, Tridentina, Cuneense, 3 Gennaio e 23 Marzo sono le divisioni che fino al febbraio 1943 combatteranno nelle bianche distese innevate dell’Unione Sovietica sul fronte dell’ansa del Don: facevano parte prima dello CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) e poi dell’8a Armata Italiana in Russia, l’ARMIR. Erano centomila uomini, centomila gavette di ghiaccio. Ma questa è un’altra Storia.