Carlo Chiamenti, Medaglia d’Oro dei Carristi

Iniziata sotto i peggiori auspici, la campagna di Grecia subiva una rapida accelerazione nell’aprile 1941: le forze tedesche, intenzionate a chiudere rapidamente lo scacchiere balcanico in previsione anche delle future operazioni contro l’Unione Sovietica, invasero la Jugoslavia, liquidata in poco tempo, per poi irrompere oltre la frontiera greca. Correndo in aiuto dell’alleato italiano in difficoltà, i Tedeschi poterono così marciare su Salonicco e Atene, stendendo definitivamente la parola fine all’avventura voluta da Mussolini e Ciano pera condurre una guerra parallela alla Germania. A questo punto, le forze italiane, per non dover subire appieno l’onta di aver dovuto attendere l’aiuto tedesco per passare all’offensiva, pochi giorni dopo diedero inizio ad un’offensiva volta, nelle parole del Maresciallo Ugo Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale, “rompere le difese nemiche e procedere su Cattaro e Ragusa”. Il 15 aprile 1941, lungo la frontiera tra Albania e Jugoslavia, venne tentata una sortita di un gruppo corazzato del 31° Reggimento Fanteria Carrista.

Tra coloro che presero parte all’attacco vi fu anche il Maresciallo Ordinario Carlo Chiamenti, del IV Battaglione, che già aveva preso parte ai duri scontri sostenuti dal reparto tra gennaio e febbraio, nel settore Vojussa, Tepeleni e Klisura. Originario della città di Benevento, ma fiorentino d’adozione, durante la aveva ricevuto una promozione per merito di guerra durante la campagna di Spagna, quando, durante un assalto, guidava i suoi carri contro le posizione repubblicane di Santa Coloma de Queralt nel gennaio 1939. In quella battaglia, il Sergente Maggiore Chiamenti era promosso al grado di Maresciallo con la seguente motivazione: “Sottufficiale Vice Comandante di Plotone Carri d’Assalto, provetto e coraggioso, dimostrava in tutte le azioni sostenute dalla compagnia, le sue belle doti di combattente. In un’ardita puntata, che portava la compagnia a troncare la ritirata di una colonna nemica, attaccava con particolare serenità e sprezzo del pericolo forti nuclei nemici, appoggiati da autoblindo armate di cannone anticarro. Ferito, rifiutava di abbandonare il combattimento e continuava nella lotta fino al raggiungimento della vittoria del reparto. Fulgido esempio di luminoso ardimento, sprezzo del pericolo ed elevate virtù militari. Santa Coloma de Queralt, 14 gennaio 1939”.

Quando, durante la Pasqua 1941, venne tentata una sortita nella piana di Kopliku, il carro di Chiamenti fu tra i primi a prendere d’assalto le posizioni nemiche. Colpito e ferito lui stesso, riparato alla meglio il mezzo corazzato, tornò nuovamente in prima linea. Sporgendosi fuori dalla torretta per meglio seguire l’azione, venne raggiunto nuovamente da alcuni colpi d’artiglieria, che immobilizzavano definitivamente il carro. Uscito dal mezzo, respinse alcuni assalti nemici, armato solo di un moschetto e di alcune bombe a mano, fino a quando venne colpito da una raffica, che lo uccise sul colpo. Durante quella battaglia, vennero colpiti tredici carri del 31° Reggimento, mentre ventidue furono i feriti. Alla Memoria del Maresciallo Chiamenti venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Sottufficiale carrista di eccezionali qualità, assegnato ad un Comando di battaglione, chiedeva ripetutamente, ed otteneva, di assumere il comando di un plotone carri. Ferito da pallottola alla mano durante un’ardita puntata offensiva nelle posizioni nemiche, rifiutava il ricovero in ospedale preferendo partecipare ad una importante azione che il reggimento si accingeva ad intraprendere. In testa al plotone ed a sportelli aperti per meglio individuare gli obiettivi da raggiungere, si portava per primo sulle posizioni nemiche, seminandovi il terrore ed infliggendo gravi perdite. Ferito in seguito allo scoppio di un proiettile di artiglieria, che danneggiava il materiale ed uccideva il pilota riusciva a portare il carro in luogo de filato e attraverso zona intensamente battuta, raggiungeva a piedi il proprio comandante di battaglione, al quale forniva preziose informazioni per il proseguimento dell’azione. Tornato al carro, che nel frattempo era stato riparato, si gettava nuovamente nella lotta. Colpito ancora da proiettili che immobilizzavano il carro stesso, uccidendo il mitragliere e ferendo il porgitore, continuava a sparare col cannone finché anche questo non rimaneva inefficiente. Respingeva infine a bombe a mano nuclei avversari che avevano circondato il carro e li faceva desistere dal tentativo di cattura finché non veniva nuovamente e mortalmente colpito nel momento in cui il nemico era volto in fuga da altri mezzi corazzati sopraggiunti. Prroni i That, Fronte Albano-Jugoslavo, 15 aprile 1941“.

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