L’affondamento del Sommergibile italiano H5

Sommergibile H5La Prima Guerra Mondiale fu il primo conflitto moderno, che vide accanto alle tradizionali tattiche di battaglia, come gli assalti frontali della fanteria o le cariche della cavalleria, anche l’utilizzo di nuove armi, quali l’aeroplano e i dirigibili, la mitragliatrice, i cannoni a lunga gittata, i gas chimici e i sommergibili. Il primo utilizzo di quest’ultima arma risale alla Guerra di Secessione americana, quando la Marina Confederata progettò e rese operativo l’Hunley, battello di circa dieci metri di lunghezza, che, il 17 febbraio 1864, attaccò e affondò il Veliero nordista USS Housatonic. Ma è con il primo conflitto mondiale, e poi con il secondo, che il sommergibile troverà un largo impiego operativo, sia come scorta ed esplorazione per convogli navali, sia come unità d’attacco per i mercantili. Anche la Regia Marina cominciò a dotarsi di una propria flotta di sommergibili e, allo scoppio delle ostilità nel luglio 1914, l’Italia poteva schierare una ventina di battelli che, a fine guerra, divennero più di sessanta. I battelli italiani vennero prevalentemente schierati per operare in Mare Adriatico, per l’attacco a naviglio militare nemico e per impedire ai sommergibili austro-tedeschi di raggiungere il Mare Mediterraneo transitando dal Canale d’Otranto.

Caduti H5Tra i battelli operativi più avanzati vi erano quelli della Classe H, di fabbricazione inglese, con un equipaggio di ventidue uomini, tra Ufficiali, Sottufficiali e Marinai. Schierati presso l’Arsenale di Brindisi, questi sommergibili si renderanno protagonisti di ardite missioni ed incursioni nei porti nemici in Mare Adriatico. In particolare, il Sommergibile H5, al comando del Tenente di Vascello Francesco Quentin, valido ufficiale della Regia Marina, compì ben dieci missioni di guerra, dal novembre 1917 all’aprile 1918, percorrendo quasi 2000 miglia marine, delle quali la metà in immersione. Al momento di assumerne il comando, Francesco Quentin aveva già maturato una larga esperienza nella condotta di questi nuovi mezzi navali, tanto che si era guadagnato l’apprezzamento di superiori e subordinati. La sera del 15 aprile 1918 salpò da Brindisi, assieme ai Sommergibili H4 (italiano) e HB1 (inglese), per portare a termine una missione offensiva al largo di Cattaro. Due giorni dopo, all’alba del 17 aprile, l’HB1 faceva rientro a Brindisi, con a bordo cinque superstiti del Sommergibile H5, tra cui il Comandante Quentin: il Sommergibile italiano, infatti, per una tragica fatalità dovuta alla scarsa visibilità, venne scambiato dal comandante dell’HB1 per un U-Boot tedesco e silurato a poppa, mentre gran parte dell’equipaggio stava consumando il rancio. Sbalzato in acqua, il Comandante Quentin, promosso al grado di Capitano di Corvetta alla fine del conflitto, venne insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “In occasione dell’affondamento del Sommergibile al suo comando avvenuta in circostanze particolarmente gravi, benché ferito dall’esplosione, dava prova di belle virtù militari provvedendo ad incoraggiare i superstiti che gli nuotavano intorno e a sostenere per lungo tempo, sino a portarlo in salvo un naufrago che sarebbe altrimenti perito. Costa Dalmata, 16 aprile 1918”.

A questa se ne era aggiunta una d’Argento, per gli impegnativi anni del conflitto passati a incrociare nelle acque insidiate dal nemico: “Destinato dall’inizio della guerra su sommergibili, ha tenuto il comando in zona di guerra dimostrando sempre risolutezza, perizia e tenacia, col compiere numerose e difficili missioni sulla costa nemica. Costante esempio di virtù militari per i propri dipendenti. Brindisi, settembre 1915-maggio 1918”. Una successiva inchiesta congiunta della Regia Marina e della Royal Navy, stabilì che la causa dell’affondamento fu una valutazione erronea del Comandante dell’HB1 (Tenente di Vascello Owen) che, dovuta alla smania di ottenere un successo navale, non considerò l’ipotesi che in quel tratto di mare potessero operare altri sommergibili alleati. La fine del conflitto, nel novembre 1918, vide i sommergibili italiani, come ha ricordato lo storico navale Giorgio Giorgerini in Uomini sul fondo, aver “compiuto 4216 missioni per una percorrenza di circa 800.000 miglia”: un risultato di tutto rispetto per un’arma relativamente giovane e dal futuro incerto. Oggi, dopo 95 anni da quel tragico evento, i resti del Sommergibile H5, con quasi tutto il suo equipaggio (quindici uomini, di cui sei Sottufficiali e nove Marinai), riposano sul fondo del Mare Adriatico, a quasi 1200 metri di profondità, testimoni del sacrificio dei nostri Sommergibilisti durante la Prima Guerra Mondiale. Nell’Arsenale di Brindisi, dopo la guerra, è stata affissa una targa in memoria dell’equipaggio scomparso.

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