Quattro Sovietici decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare

Lapide CavrigliaErano quattro soldati dell’Armata Rossa dell’Unione Sovietica. Combatterono contro i Tedeschi sul fronte orientale e vennero catturati come prigionieri di guerra. Internati nei campi di concentramento, riuscirono ad evadere e, dopo rocambolesche fughe tra le Alpi, giunsero fino in Italia, dove si unirono alle nascenti formazioni partigiane combattendo al loro fianco contro i Fascisti e i Tedeschi. Molti vennero uccisi, catturati e fucilati. A quattro di loro, riconosciuta l’eccezionalità delle loro imprese, furono conferite le Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria. L’ucraino Nikolai Bujanov, figlio di un soldato caduto nel corso del primo conflitto mondiale, ad appena sedici anni si offrì volontario come autista per evacuare i civili dai territori invasi dal Reich tedesco. Sua madre, invece, fornì aiuti e nascondigli sicuri agli ebrei russi ricercati e perseguitati. Catturato nel settembre 1943, Nikolai venne deportato in Italia e adibito ai lavori coatti: riuscì a fuggire e a trovare ospitalità presso una famiglia di San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo. Intanto, si mise in contatto con la Resistenza, unendosi alla 22a Brigata Garibaldi Vittorio Sinigallia. L’8 luglio 1944, nonostante un ordine di ritirata, non abbandonò la sua posizione presso Cavriglia, proteggendo donne e bambini dal rastrellamento tedesco e permettendo loro di fuggire mentre, armi in pugno, rallentava l’avanzata nemica. A guerra finita, venne insignito, per il coraggio della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Giovane cittadino ucraino, si sottraeva in San Giovanni Valdarno al servizio con i Tedeschi per unirsi a una formazione partigiana. Memore delle atrocità compiute dai Nazisti nella terra natia, si offriva volontario in numerose azioni di sabotaggio che portava felicemente a termine con capacità e sprezzo del pericolo. L’8 luglio 1944 a protezione della evacuazione dei superstiti della dura rappresaglia del 4 luglio 1944 in Castelnuovo dei Sabbioni, nonostante i richiami superiori, impegnava il nemico da postazione assunta d’iniziativa più avanzata di quella assegnatagli, arrestando il rastrellamento e la popolazione civile. Solo, sulla postazione difesa sino all’estremo, esaurite le munizioni, crivellato di colpi, cadeva da prode. Secciano di Cavriglia, 8 luglio 1944”.

Daniel AvdeevDanil Varfolomeevic Avdeev, nato nel 1917, si arruolò come Tenente nella Cavalleria russa: aveva raggiunto il grado di Capitano quando, nel 1942, venne fatto prigioniero dall’esercito tedesco avanzante in Unione Sovietica. Trasferito prima all’Isola d’Elba e poi in Francia, riuscì a fuggire. Dopo un lungo peregrinare, passando dalla Svizzera, raggiunse le Alpi Carniche, in Friuli Venezia Giulia, il 24 maggio 1944: qui, assieme ad altri connazionali fuggiti, costituì il Battaglione Stalin, a disposizione delle Brigate Garibaldi della Carnia. Conosciuto semplicemente con il nome di battaglia di Capitano Daniel, il suo gruppo prese parte a numerose azioni di sabotaggio nelle retrovie, disturbando non poco le forze tedesche e quelle italiane della Repubblica Sociale Italiana. L’11 novembre 1944, presso Pierlungo di Vito d’Asio, in Friuli, il Capitano Daniel attaccò una colonna tedesca impegnata in un rastrellamento. L’azione si rivelò un successo, il distaccamento germanico venne praticamente annientato ma nel violento scontro a fuoco venne raggiunto da una scarica di fucileria. La motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare recita: “Ufficiale della Cavalleria sovietica, si sottraeva alla deportazione nazista e attraverso la Svizzera, guidando un gruppo di connazionali, dopo dura e arditissima marcia, giungeva nelle prealpi Carniche in Friuli. Qui, riuniva in un reparto unico tutti i cittadini sovietici sfuggiti alla prigionia nazista e si metteva agli ordini del comando Garibaldi del Friuli, operando con coraggio e sagacia contro il comune nemico. Nel novembre del 1944, durante la violenta offensiva nazista lungo le valli dell’alto Tagliamento e dell’Arzino, Danil Avdeev Varfolomeic, con alcuni partigiani, nel tentativo di far saltare la strada da dove irrompeva il nemico, venne sopraffatto da ingenti forze naziste e dopo strenua ed eroica difesa che permetteva lo sganciamento dei partigiani italiani, cadde in un sublime atto di eroismo donando la sua giovane vita alla causa della liberazione d’Italia. Pierlungo di Vito d’Asio in Friuli, 15 novembre 1944”.

Kristofor Musolishvili, invece, era georgiano di origine. Venne arruolato in una formazione militare tedesca inviata sul fronte italiano, dalla quale, convincendo un nutrito gruppo di connazionali, disertò, unendosi alla Resistenza italiana nei pressi di Novara, portando con sé anche un grosso quantitativo di armi e munizioni. Nei pressi di Lesa, il 3 dicembre 1944, sopraffatto il distaccamento di cui faceva parte, si consegnava alle forze tedesche che gli intimarono la resa. Con un gesto fulmineo, però, estraeva da sotto una giubba una pistola, sparandosi un colpo alla testa, impedendo così che venisse fatti prigioniero. Anche di lui ci resta oggi la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Sottufficiale delle truppe georgiane, disertava dall’esercito tedesco alla testa di una settantina di militari suoi connazionali al completo di armamento e di equipaggiamento ed entrava come partigiano combattente nelle formazioni italiane operanti in Lombardia distinguendosi per virtù militari e fede nella causa della libertà. Nel corso di una dura azione difensiva, accerchiato con il suo reparto, allorché il comandante del plotone dopo lungo e sanguinoso combattimento ed esaurite totalmente le munizioni stava per accedere all’ultima intimazione di resa del nemico che prometteva salva la vita a tutti a condizione che il comandante del reparto si consegnasse vivo, egli spontaneamente e con eroico gesto si sostituiva al suo superiore e si presentava all’avversario dichiarando di essere lui il comandante. Contemporaneamente, con mossa fulminea, estraeva la pistola e si faceva esplodere alla tempia l’ultimo colpo gridando: Viva la Russia, viva l’ Italia libera! . Fulgida figura di soldato, di combattente, di fratello d’arme, seppe fondere in un unico ideale, al di sopra di ogni origine e di frontiera, l’amore per la sua Patria con la giusta causa degli uomini liberi. Mottarone-Lesa, Novara, 3 dicembre 1944”.

Fedor PolataevFedor Andrianovic Polataev, infine, era di Katino, dove era nato nel 1909. Nel corso del secondo conflitto mondiale prestava servizio nel 280° Reggimento Artiglieria della 780a Divisione Fucilieri, quando venne fatto prigioniero nel giugno 1942. Fu deportato dapprima a Vjazima, poi nella Polonia occupata e infine in Italia. Qui riuscì a mettersi in contatto con gli uomini della Resistenza, dopo essere fuggito dal campo di Tortona, assieme ad alcuni compagni. Polataev, così come Bujanov, Musolishvili e Avdeev, divenne uno degli oltre cinquemila cittadini sovietici che combatterono in Italia a fianco delle formazioni partigiane: partecipò a numerose azioni di sabotaggio e scontri a fuoco assieme alla 58ª Brigata Oreste della Divisione Garibaldi Cichero. Il 2 febbraio 1945, ingaggiato il nemico nei pressi di Cantalupo Ligure, nei pressi di Alessandria, restò ucciso mentre proteggeva il ripiegamento di alcuni compagni. Il Presidente sovietico Leonid Breznev il 16 dicembre 1962 lo insignì del titolo di Eroe dell’Unione Sovietica e dell’Ordine di Lenin, mentre il la Repubblica Italiana volle decorarlo della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Deportato russo in Italia, fuggito dal campo di concentramento tedesco dove era internato, per raggiungere le formazioni partigiane cui lo univa la stessa fede nei principi di libertà. Combattente esemplare per disciplina e per ardimento, durante un attacco in forze da parte del nemico, si portava, consapevolmente ma incurante del certo sacrificio della sua vita, con una pattuglia da lui comandata a tergo del grosso della formazione avversaria, aprendo il fuoco di sorpresa e intimando a viva voce la resa. Il nemico, sotto l’imprevisto e temerario attacco, si sbandava arrendendosi. Nell’epico episodio, che costò al nemico molte perdite e molti prigionieri e che capovolse le sorti della giornata, cadeva per l’ideale della libertà dei popoli. Cantalupo Ligure, 2 febbraio 1945”.

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