Antonio Mizzoni e la battaglia di Monte Cocken

Antonio MizzoniIl Sottotenente Antonio Mizzoni si trovava in Africa Orientale già prima dell’inizio delle ostilità il 10 giugno 1940: da Allievo Ufficiale di Complemento, venne destinato al 43° Battaglione Coloniale Adua, dove venne nominato Sottotenente. Originario di Veroli, in provincia di Frosinone, dove era nato nel 1919, lasciò momentaneamente, per adempiere agli obblighi di leva, la professione di insegnante dopo averne ottenuto l’abilitazione magistrale. Con il reparto di Ascari, Antonio Mizzoni si trovò fin dai primi giorni del conflitto impegnato in duri combattimenti contro le forze del Commonwealth che diedero avvio alla campagna contro gli Italiani in Africa Orientale: era solo questione di tempo, infatti, prima che i territori dell’Impero affacciati sul Mar Rosso e l’Oceano Indiano capitolassero uno dopo l’altro per mancanza di rinforzi e rifornimenti. In sei mesi di guerra, tra il giugno 1940 e il gennaio 1941, numerose furono le perdite sostenute dal 43° Battaglione Coloniale e, come ricorda lo storico dello Stato Maggiore dell’Esercito Alberto Rovighi nel volume da lui curato sulle operazioni in Africa Orientale, il 29 gennaio 1941 “il nemico, che conservava ancora il possesso della cima ovest del Cocken (uno dei tre spuntoni costituenti la Quota 1151), sferrava, con reparti della 5a Brigata indiana, un attacco in forze sul Caposaldo del Laquatat. Dopo un violento bombardamento riusciva ad occupare alcune quote che venivano però in parte riconquistate subito; un contrattacco effettuato più tardi nel pomeriggio, fruttava ai nostri la cattura di armi e munizioni”.

XLIII Battaglione ColonialeEra iniziato, nelle intenzioni del nemico, l’attacco che avrebbe dovuto scardinare gli oltre ventidue chilometri della linea difensiva italiana, che si estendeva lungo la linea Monte Taninai-Caianaic-Itaberré-Laquatat-Monte Cocken: su quest’ultima cima era attestato il 43° Battaglione Coloniale del Sottotenente Mizzoni, a cui erano affidati gli Ascari in possesso dell’unica mitragliatrice ancora funzionante della sua compagnia. Il 30 gennaio, le forze inglesi iniziavano un violento fuoco d’artiglieria sul Monte Cocken, appoggiato da un ampio uso delle fanteria, contenuto solo a costo di gravi perdite. Ma fu il giorno successivo che il 43° Battaglione Coloniale venne messo a dura prova. All’alba, mezzi corazzati, autoblindo e fanteria presero d’assalto la Quota 1151, appoggiati anche dal fuoco dei cannoni posti nelle seconde linee. Circondati, gli uomini del Sottotenente Mizzoni cercarono di fronteggiare gli assalti continui, tappando le falle inevitabili che si aprivano nello schieramento. La battaglia si protrasse ininterrotta fino al pomeriggio: alle 14.00, vennero in appoggio anche alcune formazioni della Royal Air Force che, incontrastata nel dominio dei cieli, raggiunse la retroguardia italiana colpendo e riducendo al silenzio le batterie d’artiglieria schierate ad Agordat, mentre i pochi carri armati italiani ancora rimasti, si opposero strenuamente coprendo la ritirata degli ultimi resti dei difensori del Monte Cocken: scrive ancora Rovighi nella sua opera, a tal proposito, che “eroico era il sacrificio dei nostri carri armati, che i carri avversari, di tonnellaggio tre o quattro volte superiore, mettevano in breve fuori combattimento nella quasi totalità senza subire perdita alcuna”. E tra coloro che pagarono a caro prezzo la difesa del Cocken vi fu Antonio Mizzoni: gravemente ferito alla colonna vertebrale, semi paralizzato, venne trasportato all’Ospedale Militare di Asmara. Quando l’Africa Orientale capitolò definitivamente, venne fatto prigioniero e rimpatriò in Italia, durante uno scambio di prigionieri, solo il 15 gennaio 1943.

Ascari in EritreaPer i fatti del Monte Cocken, venne insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Comandante di reparto coloniale, dava luminose prove di elevato spirito combattivo e di grande valore negli aspri combattimenti di Cassala, Uaccai ed Agordat, lanciandosi in ogni occasione alla testa dei suoi Ascari, animati dal suo intrepido eroismo, contro forze nemiche preponderanti. Conseguiva, nel quadro dei compiti affidatogli, risultati decisivi che destavano ammirazione in tutti. Il suo valore rifulgeva soprattutto durante il combattimento per la conquista di Monte Cocken. Circondato dal nemico, egli disponeva che la sola mitragliatrice efficiente venisse sistemata sull’unica posizione idonea a battere efficacemente un centro nemico che col suo fuoco micidiale precludeva ogni azione del suo reparto. Accortosi che durante lo spostamento il capo arma veniva gravemente colpito e che i serventi stavano per sbandarsi, con indomito coraggio si portava avanti e, sotto l’imperversare del fuoco nemico, tentava di raggiungere la postazione prescelta. Ferito alla gamba sinistra, ricusava ogni soccorso e, superando un tratto di terreno impervio, riusciva a postare la mitragliatrice ed a battere intensamente l’avversario, costringendolo ad abbandonare la posizione. Determinava, così, un varco attraverso il quale il reparto poteva ricongiungersi al resto della Compagnia. Caduto in combattimento il proprio Comandante, assumeva il comando della Compagnia, lanciava al contrassalto un plotone contro un’irruzione nemica, e, in piedi, sorreggendosi ad una roccia per non cadere, incitava gli Ascari alla lotta. Nel corso dell’azione veniva ferito di nuovo e più gravemente. Inerte e pressoché paralizzato, rifiutava ogni soccorso e continuava ad animare i superstiti. Consentiva che venisse trasportato al posto di medicazione solo ad azione ultimata, conclusasi vittoriosamente, mercé il suo fulgido eroismo. Cassala, Uaccai, Agordat, M. Cocken, Africa Orientale Italiana, 4 luglio 1940-31 gennaio 1941”.

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