Gli invulnerabili mastini dell’affondatore Franco Tosoni Pittoni

Giovanni e Tosoni PittoniDel Comandante Tosoni Pittoni e delle sue imprese ne abbiamo già parlato. Come quando affondò, poche ore dopo la dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940, l’Incrociatore HMS Calypso della Royal Navy. O di quando, nel luglio 1941, partì per la sua ultima missione, dalla quale non fece più ritorno, quando una sventagliata di sei colpì lanciati dal Sommergibile HMS Tigris affondò il Bianchi e tutto l’equipaggio. Oggi lo ricordiamo riproponendo un lungo articolo, che ci pare giusto condividere con i lettori, che scrisse Orio Vergani l’11 gennaio 1941, sei mesi prima della morte dell’eroico Comandante, per le pagine del Corriere della Sera: in esso, uno dei primi inviati di guerra italiani, raccontava le gesta di un gruppo di marinai della Regia Marina, uno sparuto gruppo di Sommergibilisti che definì “gli invulnerabili mastini”. E da un vecchio volume ormai ingiallito questa è la cronaca fedele, parola per parola, di quanto venne scritto su Franco Tosoni Pittoni.

Sommergibile Alpino Bagnolini“L’impresa del Sommergibile comandato dal Capitano di Corvetta Franco Tosoni Pittoni ha suscitato l’ammirazione e il plauso di un popolo che nella guerra dei sommergibili schiera tutta una serie di comandanti e di equipaggi di eccezione come l’amico popolo tedesco. Il popolo di cui è figlio il Comandante Prien, asso dei siluratori, ha levato un inno di entusiasmo dinanzi alle gesta che i camerati tedeschi hanno voluto narrare per i primi del sommergibile italiano comandato da quello stesso Franco Tosoni Pittoni che all’inizio della nostra guerra, secondo giorno, per essere precisi, della nostra entrata in guerra ha dato alla Marina Italiana la sua prima vittoria con l’affondamento del Calypso. Franco Tosoni Pittoni ha cominciato bene il suo servizio di guerra. La dichiarazione di guerra lo ha trovato già in navigazione con la sua nave. Egli era già partito e si era già portato col suo Sommergibile su una delle rotte prestabilite. Là, in mezzo al mare, la radio gli avrebbe trasmesso un segnale prestabilito, quel certo segnale che avrebbe significato che egli, ormai, non era più solamente il Comandante di una nostra unità in navigazione, ma un combattente lanciato con la sua nave e con i suoi uomini a giocare la grande sorte delle armi. A bordo del [Bagnolini, il giornalista censura con una X il nome del battello] navigante in quello che da un momento all’altro sarebbero diventate forse acque nemiche non vi attese molto tempo. La radio annunciò l’entrata in guerra. Franco Tosoni Pittoni e i suoi Marinai potevano cominciare ad agire. Quarantotto ore dopo, il Bollettino del nostro Quartier Generale annunciava che l’Incrociatore inglese Calypso era stato colato a picco. Franco Tosoni Pittoni cominciò così e la Medaglia d’Argento che lo premiò fu la prima guadagnata dalla nostra Marina in questa guerra. Da quel momento egli, anziano sommergibilista, consumato in lunghi anni a tutte le esperienze della navigazione sottomarina, avendo partecipato perfino nove anni fa, come Ufficiale in Seconda, alla crociera oceanica svolta dalle nostre unità tipo Balilla in occasione della Crociera Aerea del Decennale guidata da Italo Balbo, non lasciò più i sommergibili e per mesi e mesi svolse la sua missione nelle più varie plaghe del Mediterraneo”.

Sommergibile in navigazioneMa quello che colpisce, di tutta questa storia, è la parvente semplicità che pareva circondare la figura di Tosoni Pittoni: “Noi avemmo occasione di incontrarlo in una nostra base durante un brevissimo periodo di riposo della sua unità. Guardammo l’affondatore: e, come sempre ci capita quando ci è dato vedere o conoscere questi uomini d’eccezione, la cosa che ci colpì fu l’estrema semplicità. Franco Tosoni Pittoni, quando fu deciso l’invio dei nostri sommergibili nell’Atlantico, fu scelto tra i primi. Missione arditissima e difficilissima. Franco Tosoni Pittoni lasciò il sommergibile di piccolo tonnellaggio con cui aveva marcato il punto vittorioso dell’affondamento del Calypso e passò su un’unità di tipo oceanico. I suoi uomini lo amarono subito, capirono subito di avere a che fare con un tipo di prima forza, quello che in Marina hanno definito per il suo ostinato coraggio un mastino. Partì. Traversò in tutta la sua lunghezza il Mediterraneo. Si presentò davanti a Gibilterra e passò senza chiedere permesso a nessuno fra i denti del pettine della vigilanza inglese, costituite da varie linee di sbarramenti di naviglio sottile. Ecco dunque un nuovo tipo di guerra: su e giù per la rotta atlantica, in un mare di quelli che non si domano facilmente e dove allo scafo e agli uomini si richiedono in ogni ora doti di eccezione. Accanto ai sommergibilisti tedeschi, gli atlantici italiani hanno assegnata una particolare zona di vigilanza e, dopo aver studiato in tutti i particolari ogni possibile rotta nemica, hanno cominciato a far sentire al nemico tutto il peso della loro presenza. Sono già a quest’ora centinaia di migliaia di tonnellate di naviglio nemico da trasporto o armato che sono andate a finire in fondo all’Atlantico sotto i siluri italiani, e spesso sotto i colpi dei piccoli cannoni dei nostri sommergibili. Guerra dura, vita di pericoli infiniti; il nemico si difende a denti stretti e se il sommergibile è implacabile, anch’esso, a sua volta, è implacabile”.

Ma la vera epopea del Comandante Tosoni Pittoni furono i combattimenti ingaggiati con il cannone di bordo, le estenuanti cacce a cui venne sottoposto dalle unità di superficie e i velivoli antisommergibile: “D’una pagina di lotta veramente eccezionale è stato protagonista nei giorni scorsi il mastino Tosoni Pittoni con il suo equipaggio, che ha dato prove di essere tagliato nello stesso acciaio in cui la natura ha tagliato il suo comandante. L’aviazione avversaria, che vola per perlustrare dall’alto le rotte del mare, ha scoperto il nostro sommergibile. Subito è stato dato l’allarme e come uno stormo di gabbiani da tutte le parti dal cielo sono accorsi apparecchi da caccia e da bombardamento per farla finito col nostro delfino. E’ cominciato da ogni quota il bombardamento. Il sommergibile si è immerso e ha cercato uno scampo nella profondità del mare. Ma la grandine delle bombe si è stretta e fatta sempre più precisa e gli schianti delle esplosioni sempre più vicini allo scafo immerso. Il delfino d’acciaio ha tenuto finché ha potuto, finché un’esplosione più forte ha prodotto a bordo un’avaria tale da imporre il ritorno alla superficie. Franco Tosoni Pittoni non poteva più ordinare l’immersione. Dalla torretta i marinai sono pronti a difendersi con le armi di bordo, i cannonieri sono balzati sopra coperta e sono andati al cannone. Si vede che il cacciatorpediniere forza di colpo l’andatura, punta con la prua contro il sommergibile e viene avanti deciso per speronarlo. Un ordine passa ai cannonieri. Parte una cannonata, una seconda, una terza, mentre il timone manovra per invertire la rotta ed evitare lo speronamento. Il tiro del delfino è preciso. Parecchi colpi investono il caccia che deve rinunciare alla lotta e dileguarsi dietro la cortina di nebbia. Questa la gesta del delfino di Tosoni Pittoni. Ma non è la sola che vada ascritta a onore dei nostri sommergibilisti. Con Tosoni Pittoni sono citati nell’ordine del giorno della Nazione, attraverso il Bollettino, Manlio Petroni, che pure in Atlantico ha silurato un piroscafo da carico greco di circa tremila tonnellate e Salvatore Todaro che, impegnato in battaglia dal Piroscafo armato Shakespeare, dopo duro combattimento lo ha mandato a picco. Nel Mediterraneo altri due piroscafi che facevano parte di un convoglio scortato sono stati silurati da Paolo Vagliasindi. Tosoni Pittoni, Petroni, Todaro, Vagliasindi: gli Italiani non dimenticheranno i nomi dei loro delfini!”.

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