Il Tenente Dino Ciriaci, sul fronte dell’Africa Orientale

Nonostante una promettente carriera da avvocato, Dino Ciriaci lasciò gli studi in giurisprudenza ai quali era stato avviato dal padre Luigi, Magistrato, per arruolarsi nel Regio Esercito in qualità di ufficiale: assegnato al 2° Reggimento Granatieri con il grado di Sottotenente, la sua destinazione coincise con l’inizio delle operazioni in Africa Orientale per la conquista dell’Etiopia. Assegnato al Regio Corpo Truppe Coloniali, Dino Ciriaci prese parte alle operazioni contro l’esercito di Hailé Selassié per poi essere destinato al XII Battaglione Coloniale, con cui fu sempre in prima linea nelle operazioni di polizia coniale nei territori appena conquistati. Al comando di una compagnia mitraglieri, si guadagnò ben presto una Croce di Guerra al Valor Militare: “Comandante di compagnia mitraglieri, durante lungo ciclo operativo, conduceva arditamente, in più combattimenti, il suo reparto all’attacco di formazioni ribelli attraverso terreno boscoso e accidentato. Esempio di calma, coraggio e capacità di comando. Limmù-Ennaria Nonno, 12 febbraio-24 maggio 1938”. Continuò a prestare servizio in Etiopia per altri lunghi mesi, durante i quali non mancarono altri combattimenti e scontri con le bande di ribelli, che trovavano terreno fertile nell’attaccare i presidi italiani più avanzati ed isolati. Durante le ultime fasi delle operazioni di pacificazione, il Sottotenente Ciriaci si meritò una seconda Croce di Guerra al Valor Militare: “Nel corso di importanti cicli operativi dimostrava attività instancabile e salda tempra di soldato. In diversi duri combattimenti e in situazioni ardue e difficili, guidava il suo reparto con decisione, ardimento e singolare abilità all’attacco e alla vittoriosa conquista di forti posizioni tenacemente difese dai ribelli. Ghibbié-Gogget, giugno-ottobre 1938”.

Terminate le operazioni in Etiopia, svestita la divisa color sabbia, Dino Ciriaci trovò impiego ad Addis Abeba, presso la Direzione Superiore di Finanza. Ma ben presto, i nuovi venti di guerra lo avrebbero nuovamente costretto a vestirla ancora una volta, presso il XCVII Battaglione Coloniale, cui venne destinato dall’ottobre 1940 con l’incarico di Aiutante Maggiore. Con il reparto, tra il gennaio e il febbraio 1941 sarà sempre presente in prima linea, soprattutto nelle fasi più concitate quando si fece ormai prossima l’offensiva inglese su Cheren. Dopo una marcia forzata di cinque giorni, il 4 febbraio il XCVII Battaglione raggiunse il Monte Sanchil, ne presidiò il versante nord e si dispose a difesa per fronteggiare le forze del Commonwealth il cui attacco era atteso a breve. Come ricorda Alberto Rovighi in Le operazioni in Africa Orientale, alle prime luci del giorno 5, “dopo una breve preparazione dell’artiglieria, il XCVII Battaglione, su due scaglioni, muoveva all’assalto, sorprendeva l’avversario, ne scuoteva la resistenza; Ascari e Bersaglieri incalzavano e altri reparti avanzavano dal Monte Amba per ristabilire il collegamento colle truppe del Sanchil, mentre aerei britannici lanciavano bombe a tergo delle posizioni tenute dai nostri e sulle strade di accesso per impedire l’accorrere di nuovi rinforzi”. I combattimenti si protrassero per cinque interminabili giorni: dopo oltre settantadue ore di bombardamenti aerei, i resti del XCVII Battaglione Coloniale cedettero, sbandandosi con gli ultimi superstiti in cerca della salvezza.

Tra i sopravvissuti, però, mancava all’appello il Sottotenente Ciriaci. Durante un combattimento contro le forze britanniche, appoggiate anche da veicoli blindati e corazzati, uscì fuori dai ripari e, alla testa di un gruppo di soldati, si lanciò all’assalto con le sole bombe a mano. Ferito gravemente da una granata, con un braccio asportato, continuò ad avanzare, fino a che non cadde a terra e, morente, impartì gli ultimi ordini ai propri dipendenti. Caduto eroicamente in combattimento, alla Memoria del Sottotenente Dino Ciriaci venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Aiutante Maggiore di Battaglione Coloniale, si prodigava incessantemente notte e giorno nel percorrere la linea dei reparti durante furiosi combattimenti, sempre sotto intenso fuoco di artiglieria allo scopo di garantire il collegamento col Comando di Battaglione. Durante un attacco contro le nostre posizioni, assumeva volontariamente il comando di una compagnia rimasta senza ufficiali, e in testa ad essa si slanciava d’impeto al contrattacco contro forze superiori bersagliandole con lancio di bombe a mano. Sopraffatto non desisteva dalla sua azione eroica. Asportatogli un braccio da una scheggia di granata e colpito ancora mortalmente rifiutava ogni soccorso e invitava un collega a non preoccuparsi di lui dichiarandosi fiero di immolare la sua ardente giovinezza alla Patria. Africa Orientale, 5- 10 febbraio 1941″.

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