I moti del giugno 1920 nel sacrificio dei Carabinieri

Del Mirani, Ricciardi, VitaleGli anni immediatamente successivi alla fine della Prima Guerra Mondiale, tra il 1919 e il 1920, furono caratterizzati, in Italia, da forti proteste e tumulti sociali: rivolte contadine, occupazioni di fabbriche, scontri, violenze sociali e politiche. Gente comune e uomini dello Stato, semplici contadini e appartenenti alle forze di polizia si scontrarono violentemente in numerose città italiane. Scriveva nel maggio 1920 Antonio Gramsci a proposito del grande sciopero che vide protagonista la Fiat in marzo: “La classe operaia torinese ha già dimostrato di non essere uscita dalla lotta con la volontà spezzata, con la coscienza disfatta. Continuerà nella lotta: su due fronti. Lotta per la conquista del potere di Stato e del potere industriale; lotta per la conquista delle organizzazioni sindacali e per l’unità proletaria”. Eclatante fu la rivolta di Ancona, che vide coinvolti, inizialmente i Bersaglieri dell’11° Reggimento: per evitare di essere inviati in Albania, in rinforzo al contingente di occupazione, disarmarono i propri superiori e occuparono la loro caserma. In città si sparse rapidamente la voce: le organizzazioni politiche anarchiche, repubblicane e socialiste presenti si unirono ai rivoltosi, alzando barricate nel centro urbano e dando battaglia per le vie cittadine alle forze dell’ordine inviate per sedare la rivolta. Ad Ancona si contarono una ventina di morti e numerosi feriti, soprattutto tra le Guardie di Pubblica Sicurezza e i Carabinieri Reali inviati per placare gli animi. Tra questi ultimi, si distinsero particolarmente tre militari, il Vice Brigadiere Romolo Del Mirani e i Carabinieri Attilio Ricciardi e Vitaliano Vitale, che riuscirono, con un colpo di mano, ad impossessarsi di una mitragliatrice con cui i dimostranti sparavano contro altri reparti intervenuti. Si meritarono, tutti e tre, la Medaglia d’Argento al Valor Militare: “Facenti parte di un Battaglione di Carabinieri che sotto nutrita fucileria muoveva contro forti gruppi  di rivoltosi trinceratisi nel Quartiere di Piano San Lazzaro, con mirabile ardimento ed evidente pericolo della propria vita, balzavano su una mitragliatrice dei rivoltosi, che sparava contro il Battaglione stesso, catturandola. Ancona, 27 giugno 1920”.

Umberto AnteiIl giorno precedente, quando i disordini erano appena agli inizi, i rivoltosi presero d’assalto quelle caserme i cui militari avevano deciso di non unirsi a loro. Oltre a occupare gli edifici, in molti sottrassero le armi presenti al loro interno, con cui iniziarono a bersagliare coloro che intervenivano per sedare le rivolte che scoppiavano in tutta la città. Nel centro di Ancona, durante l’assalto ad una stazione dell’Arma dei Carabinieri, presa di mira da numerosi colpi di fucileria, il Maresciallo Roberto Antei, in quel momento di servizio, si poneva alla testa di un gruppo di commilitoni. Usciti dalla caserma, una pioggia di fuoco si riversò sui Carabinieri: Antei venne mortalmente ferito alla testa da un colpo di moschetto. Venne decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “In occasione di gravi disordini, pur essendo conscio del grave ed immediato pericolo cui si esponeva, fece ardita sortita in caserma con un drappello di undici dipendenti per sgominare un gruppo di ribelli che l’avevano assalita con intenso fuoco di fucileria e, fulgido esempio di coraggio e di virtù militari, li affrontava animosamente finché cadeva mortalmente ferito da un proiettile alla testa. Ancona, 26 giugno 1920”.

Luigi TaniMa i disordini non interessarono solo Ancona: si espansero a macchia d’olio in tutte le Marche, raggiungendo anche l’Emilia Romagna, l’Umbria e la Lombardia. A Fano, il 29 giugno, cittadina in provincia di Pesaro, le manifestazioni di protesta portarono all’uccisione di Luigi Tani, Vice Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Legione di Ancona. Fu un altro militare della Benemerita caduto nell’adempimento del proprio dovere, decorato anch’egli di Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria: “Durante una rivolta di elementi sovversivi, in un conflitto tra Carabinieri e rivoltosi, per risparmiare vittime tra i propri uomini che si trovavano in mezzo ai due fuochi, affrontava generosamente il pericolo di far cessare il tiro e rimaneva egli stesso colpito all’addome. Salito su un autocarro, che quantunque carico di feriti veniva bersagliato dai rivoltosi, tentava di sollevarsi per rispondere al fuoco col proprio moschetto, ma rimaneva mortalmente colpito al petto. Fano, Pesaro, 29 giugno 1920”.

Giuseppe UgoliniA Milano, infine, venne proclamato uno sciopero di solidarietà ai rivoltosi di Ancona e delle Marche. Ma anche qui, ben presto, la situazione degenerò, quando un corteo mosse verso la caserma che ospitava un reparto di Bersaglieri per invogliarli e incitarli alla rivolta. Nei giorni precedenti altri gravi disordini avevano scosso il capoluogo lombardo: il 22 giugno, al termine di un comizio tenuto dall’anarchico Errico Malatesta, vennero uccisi sei manifestanti, dopo che un corteo non autorizzato aveva iniziato a prendere d’assalto i negozi del centro. Il giorno seguente, il Brigadiere Giuseppe Ugolini, mentre attraversava Corso Buenos Aires, venne circondato da una folla urlante, che gli intimava la consegna delle armi. Opponendosi coraggiosamente e strenuamente, cercò di aprirsi un varco facendo fuoco, ma la folla riuscì a disarmarlo, per poi linciarlo pubblicamente. Trasportato d’urgenza per le gravi ferite riportate in ospedale, spirò poco dopo. L’autopsia sul corpo del Brigadiere Ugolini rivelò che la folla amputò alcune dita del militare per sottrargli la fede nuziale d’oro. Il Re Vittorio Emanuele III, venuto a conoscenza del grave episodio, volle decorarlo motu proprio della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “In un giorno di grave perturbamento dell’ordine pubblico, fatto segno all’aggressione di un forte nucleo di malviventi, mentre si trasferiva da solo al posto ove era stato comandato, respinse con fermezza, sebbene gravemente ferito al viso e bersagliato da numerosi colpi di rivoltella, l’ingiuriosa imposizione di cedere le armi. Nella tragica lotta che ne seguì si difese eroicamente, riuscendo ad atterrare cinque dei suoi aggressori, finché, ripetutamente colpito, cadde esanime e del suo corpo l’insano furore degli avversari fece brutale scempio. Col proprio sacrificio segnò una pagina di superbo valore, un incancellabile esempio per la scuola del dovere. Milano, 23 giugno 1920”

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