Cesare Rosasco, il Piroscafo Mauro Croce e un carico speciale diretto in Spagna

Comandante RosascoAl momento dell’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale il 10 giugno 1940, si delineò per la Regia Marina l’idea chiara di dover supportare in maniera continuativa le truppe al fronte, schierate in teatri operativi lontani dalla Madrepatria. Dapprima il Nord Africa e in seguito il fronte greco-albanese. Se, da un lato, molte unità mercantili che si trovavano in navigazione furono colte alla sprovvista dalla dichiarazione di guerra, decretandone spesso la distruzione ad opera di unità navali nemiche o per autoaffondamento da parte dell’equipaggio stesso, quelle che si trovavano in Italia furono inglobate progressivamente a fianco del naviglio militare: requisite, noleggiate o acquistate, esse furono armate con cannoni, mantennero spesso al comando gli uomini delle Società Armatrici ma imbarcarono equipaggi formati da uomini della Forza Armata. Tra i Comandanti di Lungo Corso che maggiormente si distinsero vi fu Cesare Rosasco, già veterano della Prima Guerra Mondiale, durante la quale servì in maniera continuativa su unità mercantili, solcando i mari dove incrociavano le unità navali austriache e tedesche. Il pericolo di essere affondati da un sommergibile nemico o da un’unità di superficie era costante, quotidiano, ma il Comandante Rosasco, che assolse ai compiti di Primo Ufficiale e poi di Comandante riuscì sempre a porre in salvo le navi mercantili su cui era imbarcato.

Cesare RosascoDopo il conflitto continuò a comandare mercantili, fino a quando la nuova guerra mondiale lo obbligò nuovamente a sfidare la sorte. E fin dai primi mesi di guerra si mise in luce per le sue grandi doti di coraggio e di ardimento: assunto il comando del Piroscafo Ezilda Croce, in sosta nel Porto di Tobruk, riuscì a porre in salvo l’unità, carica di munizioni, da un violento bombardamento e da un incendio che era scoppiato a bordo dopo che il Piroscafo era stato colpito su più parti dello scafo da alcuni spezzoni incendiari. Poco dopo il fatto di Tobruk, il Comandante Rosasco ebbe il comando del Mauro Croce, Piroscafo Armato da 600 tonnellate. Così titolava la prima pagina della Domenica del Corriere del 20 giugno 1943: “Cesare Rosasco, genovese, Comandante di una piccola nave mercantile attaccata da un sommergibile, evita due siluri. Colpito il timoniere, lo sostituisce e, col cannoncino di bordo, lotta contro il nemico più armato e riesce a metterlo in fuga”. Era la notte del 9 novembre 1941 e la piccola unità navale si trovava in navigazione nel Mar Mediterraneo Occidentale diretta in Spagna, con un carico generico di carpenteria e ferramenta. In realtà, nelle stive di carico avevano trovato alloggiamento alcuni carichi speciali, diretti ad un altro mercantile italiano abbandonato al momento dell’ingresso nel conflitto: l’Olterra. Ed era un carico speciale per una nave speciale: nell’Olterra, infatti, era stata realizzata una base segreta della Regia Marina per l’attacco a Gibiliterra, nel cui ventre erano stati realizzati appositi spazi per stivare gli Incursori della Decima MAS e i loro SLC, i Siluri a Lenta Corsa.

HMS OlympusL’HMS Olympus, sommergibile della Royal Navy al comando del Tenente Herbert George Dymott, individuò alle 03:25 di notte un’unità in navigazione, che procedeva a luci spente. Poco meno di un’ora dopo, riconosciutola come il Piroscafo Mauro Croce iniziò un breve, ma intenso combattimento: il sommergibile inglese lanciò due siluri, che mancarono il bersaglio e, una volta emerso, iniziò a colpire il Mercantile italiano con l’artiglieria di bordo. Il Comandante Rosasco, con lucidità, sebbene molti uomini feriti, diresse contro l’unità nemica il fuoco dell’unico cannone di bordo, colpendolo ripetutamente e costringendolo a desistere dalla lotta. Poco dopo, il Mauro Croce riprese la navigazione senza ulteriori inconvenienti. Il Tenente Comandante Dymott troverà poi la morte, l’8 maggio 1942, a bordo del suo sommergibile, quando l’HMS Olympus, partito dall’Isola di Malta e diretto a Gibilterra urtò una mina. La violenta esplosione fece inabissare rapidamente il battello: a bordo, oltre all’equipaggio, si trovavano imbarcati anche gli equipaggi di altri tre battelli precedentemente affondati da alcuni raids aerei: su 98 uomini, ne sopravvissero soltanto nove.

Al Comandante Rosasco, per il comportamento tenuto a bordo del Piroscafo Mauro Croce, venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Comandante di un piccolo piroscafo, attaccato da sommergibile immerso, evitati con la manovra due siluri, con pronta ed accorta decisione immediatamente predisponeva per il combattimento la propria nave, armata con cannone di piccolissimo calibro, cosicché, appena il sommergibile molto più potentemente armato emergeva, il piroscafo apriva il fuoco a breve distanza. Colpita la sua nave da numerose cannonate, sotto incessanti raffiche di mitragliera, caduti ai suoi piedi il timoniere e la vedetta, rimasto solo sul ponte di comando, non potendo governare dalla plancia, per sopravvenuta avaria alla trasmissione, benché gravemente ferito ad una gamba, scendeva nel locale sottostante e manovrava direttamente la macchina del timone. Saldo nel proposito di salvare, oltre l’equipaggio anche la nave, rinunciava a portarla in costa. Con alta e ferma parola e con il proprio eroico contegno, incitava l’equipaggio militare e civile a continuare a distanza serrata l’impari combattimento fino a quando il sommergibile, a causa dei ripetuti colpi ricevuti, non desistette dalla lotta. Stremato di forze, ma sorretto da ferrea volontà, portava in salvamento la sua nave crivellata dai colpi, con i suoi morti, con i suoi feriti: fulgido esempio delle più elette virtù marinare e guerriere”.

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