Il Sergente Luigi Bevilacqua e l’Arma del Genio sul Basso Piave

Luigi BevilacquaLuigi Bevilacqua apparteneva a quell’Arma del Genio che si rese protagonista di grandi opere nel corso del primo conflitto mondiale. Furono gli uomini del Genio, gli Zappatori e i Minatori, che scavarono nella roccia, in poco meno di nove mesi, tra il febbraio e il novembre 1917, quelle cinquantadue gallerie che avrebbero messo al riparo dai tiri dell’artiglieria austro-ungarica i rifornimenti e i soldati che percorrevano le strette mulattiere lungo le pendici del Monte Pasubio. E furono sempre gli uomini del Genio, quest’arma così particolare del Regio Esercito prima e dell’Esercito Italiano poi, chiamata ad assolvere compiti di primaria importanza a livello logistico, che costruirono quel celebre ponte di barche che permise di guadare il Fiume Piave nei giorni dell’offensiva finale. E tra quanti si distinsero, in qualità di Geniere e all’occorrenza anche di soldato, pronto a rispondere agli attacchi nemici balzando fuori dalle trincee, vi fu senza dubbio Luigi Bevilacqua, che cadrà alla fine del febbraio 1918 sul fronte del Basso Piave, là su quelle stesse rive che vedranno scritte le pagine di puro eroismo delle Fiamme Gialle. Era originario di un piccolo paese in provincia di Udine ma era cresciuto nella città di Trieste: Luigi Bevilacqua, pertanto, sentì come un dovere l’essere arruolato nel Regio Esercito Italiano, lui che proveniva e che era cresciuto proprio nella città irredenta.

Strada delle 52 Gallerie (62)Con il grado di Caporale prese parte nel luglio 1915 ai combattimenti attorno al Monte Piana, dopo essere stato assegnato al 5° Reggimento Genio Minatori: con tale unità contribuì a più riprese a rinforzare le numerose posizioni italiane, le trincee lungo il Monte San Michele e il tristemente celebre “trincerone” delle Frasche, che vide versare il sangue di tanti Dimonios della Brigata Sassari. Fu nell’estate del secondo anno di guerra, che il neo promosso Sergente Luigi Bevilacqua, promozione avuta per meriti di guerra, poté dimostrare tutto il suo valore: non solo si prodigò per rendere sicure, con i suoi Genieri, le protezioni dei fanti in trincea, ma fu lui stesso a scendere in battaglia, prendendo parte a più riprese ai furiosi combattimenti che a metà agosto porteranno alla conquista della città di Gorizia: proprio durante la battaglia finale per la città, il 16 agosto rimase gravemente ferito alla testa, passando i mesi successivi in un ospedale per riprendersi dal trauma. Una volta ristabilitosi, però, volle nuovamente essere in linea, prodigandosi, dopo la disfatta di Caporetto e lo stabilimento della nuova linea di resistenza sul Piave, a distruggere tutti i ponti che sarebbero stati utilizzati dal nemico.

Ponte di barche sull'IsonzoIl 24 febbraio 1918, il Sergente Luigi Bevilacqua stava ripristinando alcune fortificazioni italiane nei pressi di San Donà di Piave. Improvvisamente, uno sparò rieccheggiò lungo la linea del fronte: un unico colpo sparato da un cecchino austriaco lo uccideva all’istante. Si meritò la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Partito volontario per la zona di operazione allo scoppio delle ostilità, dette costante fulgido esempio delle più elette virtù militari. Guastatore volontario del reticolato nemico a Monte Piana (luglio 1915); collaboratore preziosissimo alla costruzione dell’osservatorio avanzato del San Michele (novembre 1915); minatore di eccezionale tenacia al cavernone di Quota 219 ove, allo scoperto, tra il grandinare di proiettili, aprì con mazzetta e pistoletto lo sbocco stabilito, dopo che il perforatore era stato distrutto da una granata avversaria (19 agosto 1917); lavoratore e fante all’occorrenza, tutta la sua opera fu di abilità e di ardimento. Fiero del proprio compito, cui prodigò ogni sua energia, due volte ferito (il 16 agosto 1916 a Gorizia, il 6 settembre 1917 a Quota 241), due volte rinunciò di essere allontanato dal suo posto. Capo Squadra incaricato dell’assestamento di un’interruzione, sotto il fuoco e i tentativi di irruzione dell’avversario, incitò i suoi uomini e condusse a termine il proprio compito, segnalandosi come sempre e dando prova di perizia e di coraggio (Isonzo, 28 ottobre 1917). Nella sfida continua, tenace al pericolo, cadde da valoroso mentre, in una zona molto avanzata, apprestava nuove e valide difese. Basso Piave, 24 febbraio 1918”.

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