L’incidente di Nave Castore

Nave CastoreSi chiamavano Aristide Duse, Vittorio Celli, Domenico Franzese e Franco Pardini e facevano parte dell’equipaggio della Fregata Castore, appartenente alla Classe Centauro, e facente parte di un vasto ammodernamento della flotta della Marina Militare Italiana intrapreso dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale negli Anni Cinquanta. Erano quattro Marinai di leva che la sera del 22 marzo 1965 si ritrovarono coinvolti in uno dei peggiori incidenti della Marina Militare dai tempi della fine del conflitto mondiale. Scriveva lo Stato Maggiore a inizio aprile: “La sera del 22 marzo c.a. 10 miglia a levante di Punta Stilo, durante una esercitazione di protezione di convoglio nella quale Nave Etna rappresentava il convoglio e Castore e Rizzo ne costituivano la scorta, le prime due unità entravano in collisione fra loro. Non appena avvenuta la collisione i comandi di Nave Etna e della Fregata Castore prendevano tutti i possibili provvedimenti ad assicurare la galleggiabilità e la sicurezza delle due unità, e su Nave Castore si dava immediatamente inizio all’opera di soccorso degli uomini che si trovavano all’atto del sinistro nella zona danneggiata. Mentre su Nave Etna i danni erano limitati nella zona di estrema prora, su Nave Castore la prora dell’Etna era profondamente entrata nello scafo a circa quindici metri dalla poppa estrema, zona occupata dal locale equipaggio numero 6 e dal deposito BAS. La parte del Castore a poppavia dello squarcio, risultava praticamente troncata dal resto dello scafo e trattenuta ad esso unicamente dall’asse sinistro dell’elica, da cavi elettrici e da una lamiera del fasciame del lato sinistro”.

Marinai caduti Nave CastoreL’abbordo tra le due unità navali causò anche il ferimento in maniera più o meno grave di altri undici membri dell’equipaggio di Nave Castore, che fu presa a rimorchio dalla Fregata Rizzo e con la scorta dell’Incrociatore Lanciamissili Giuseppe Garibaldi raggiunse con non poche difficoltà il porto di Messina, dove iniziarono le riparazioni in bacino. E una tragedia ancora più grande fu scongiurata solo grazie alla pronta reazione all’emergenza dei due equipaggi: se da una parte Nave Etna non subì ingenti danni alla parte prodiera, su Nave Castore solo l’efficienza di tutto l’equipaggio poté evitare l’affondamento dell’unità navale, in quello stesso tratto di mare dove il 9 luglio 1940 la flotta della Regia Marina agli ordini dell’Ammiraglio di Squadra Inigo Campioni affrontò quella della Royal Navy, comandata da Andrew Cunningham. Mentre la poppa del Castore rimase attaccata al resto della nave solo grazie all’asse dell’elica, l’equipaggio provvide immediatamente a mettere in sicurezza il resto della Fregata, puntellando le paratie in procinto di cedere, evitando che le falle prodottesi e i possibili incendi potessero far perdere irrimediabilmente la nave.

Tragedia Nave CastoreLe inchieste che seguirono cercarono di ricostruire la tragedia, che costò la vita ai quattro membri dell’equipaggio. Quella sera, le Fregate Rizzo e Castore stavano simulando una scorta a Nave Etna, compiuta in assetto da guerra, ovvero a luci spente  e in silenzio radio per addestrare gli equipaggi alla lotta antisommergibile e alle comunicazioni fatte esclusivamente a lampi di luce dalle alette di plancia. E la notte del 22 marzo 1965, in aggiunta, era senza luna, così che la visibilità sul mare era molto ridotta. Tutte le unità procedevano in settori assegnati, con l’Etna posta al centro dello schieramento: alle 21.15, durante le manovre cinematiche di zigzagamento previste per sfuggire alla caccia dei sommergibili, per un’errata manovra, il Castore tagliava la prora a Nave Etna, causando l’inevitabile abbordo. A nulla valsero gli ordini impartiti nelle due plance di comando al profilarsi della tragedia: l’urto fu violentissimo, la prora dell’Etna tagliò praticamente di netto la poppa del Castore, distruggendo tutto quello che trovava sul suo percorso, lasciando dietro di sé un groviglio di lamiere contorte. Nave Etna faceva il suo mesto ritorno a Taranto, nell’Arsenale del Mar Piccolo, il 23 marzo, alle ore 23.50, scortata dal Cacciatorpediniere Indomito, per entrare il giorno successivo nel bacino di carenaggio. Delle quattro vittime del Castore, vennero ritrovati solo i corpi del Sottocapo Aristide Duse e del Marinaio Vittorio Celli: i Marinai Domenico Franzese e Franco Pardini risultarono dispersi in mare.

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