Luciano Gavazzi e la battaglia per il presidio di Uolchefit

Quando nell’Impero dell’Africa Orientale Italiana si scatenò l’offensiva inglese, uno dei primi presidi ad essere circondato e attaccato dalle forze del Commonwealth fu quello di Uolchefit che resistette agli assalti dall’aprile all’agosto 1941: non bastarono due intimazioni di resa da parte delle autorità britanniche a far desistere dalla lotta i due battaglioni di Camicie Nere posti a sua difesa. Le armi furono deposte solamente quando vennero esauriti i viveri e le munizioni, dopo ben 165 giorni d’assedio: un comportamento che valse agli ultimi difensori l’ammirazione del nemico, che concesse loro l’onore delle armi. Tra quanti caddero vi fu anche il Primo Seniore Luciano Gavazzi, Comandante del CLXIV Battaglione Camicie Nere, comandante esperto e valoroso, già reduce delle campagne africane che portarono alla conquista dell’Etiopia. Partito volontario in Africa Orientale al seguito della Divisione Tevere, si guadagnò una Medaglia di Bronzo al Valor Militare sul Campo durante gli scontri nell’Harrar: “Ufficiale addetto ad un comando di colonna, coadiuvava con intelligenza ed eccezionale spirito di sacrificio alla preparazione e allo svolgimento di operazioni di guerra. Durante i combattimenti sostenuti dalla colonna manteneva, sotto il violento fuoco di fucileria e di mitragliatrici, contegno sereno e calmo, provvedendo personalmente a recapitare ai reparti impegnati gli ordini del comandante. Dagamedò, 24-25 aprile; Harrar, 8 maggio 1936”.

Comandando una banda di indigeni, Luciano Gavazzi fu sempre in mezzo ai combattimenti, là dove vi era maggiormente bisogno dei suoi uomini. E lui stesso scendeva al fianco delle sue truppe, senza ritirarsi nelle seconde linee o al riparo in qualche postazione. Durante un duro combattimento sostenuto nei pressi del Monte Zuqualla venne insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare: “Comandante di un gruppo bande irregolari ripetutamente impegnate contro ribelli in forze soverchianti, dava sempre bella prova di perizia e sprezzo del pericolo. In aspro combattimento, minacciato di aggiramento, manovrava e contrattaccava guidando i propri uomini con l’esempio del suo sereno coraggio. Ricevuto, dopo due ore di lotta cruenta, l’ordine di disimpegnarsi e di ripiegare, lo eseguiva con calma tenendo a bada il nemico al quale infliggeva perdite. Esempio di virtù guerriere. Monte Zuqualla, settembre-ottobre 1936”. La Banda comandata da Gavazzi, la VI Brigata Mista Camicie Nere, continuò ad operare in territorio etiope per tutto il 1937, fino a quando non venne nominato commissario dei territori conquistati. Tornò in Italia alla viglia del secondo conflitto mondiale, avendo anche ricevuto una Croce di Guerra al Valor Militare: “Durante diciotto mesi di guerriglia coloniale, al comando di bande indigene partecipava a numerose operazioni contro i ribelli, prodigandosi in ogni contingenza con generoso slancio, sprezzo del pericolo ed elevato spirito di sacrificio. Africa Orientale Italiana, cicli di grande polizia coloniale, agosto 1936-dicembre 1937”.

Inviato nuovamente in Africa Orientale allo scoppio delle ostilità nel giugno 1940, venne destinato al presidio di Uolchefit assieme al suo battaglione. Quando iniziò la battaglia nell’aprile 1941, Luciano Gavazzi e i suoi uomini ressero finché poterono, fino a quando le munizioni, i viveri e l’acqua potabile glielo avrebbero concesso. Non si arrese e non volle lasciare il campo di battaglia, neanche quando una malattia debilitante ne aggravò la salute. Il 10 agosto 1941, poco prima che le armi a Uolchefit venissero deposte definitivamente, perdeva la vita. Alla sua Memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare: “Comandante di Battaglione Camicie Nere e Vice Comandante della difesa di Uolchefit, pur debilitato da grave male, dava in ogni difficile contingenza fulgidissimo esempio di pura fede, di sacro entusiasmo e di preziosa, intelligente attività. Più volte invocava l’onore di cimentarsi in campo aperto contro le soverchianti forze nemiche, ed il 13 luglio, al comando di una colonna di nazionali operante nella zona di Amberco, assolveva tale compito con pieno successo in virtù del suo grande ardimento e sublime sprezzo del pericolo. Il 1° agosto per quanto sofferente, assumeva il comando di altra colonna all’assalto di Giramba, ed essendo stato il cruento attacco frustrato dalle mine e dai reticolati nemici, sapeva disimpegnarsi brillantemente malgrado le sopraggiunte masse avversarie minaccianti pericolosamente sul fianco. Trascinava poi di nuovo i suoi uomini ad un furioso contrattacco, riuscendo così a ristabilire la situazione. Minato nella malferma salute dalle fatiche e dai disagi e colpito da fulmineo, inesorabile morbo, ascendeva poi al cielo degli eroi. Spirito eletto di soldato, più volte decorato al valore, squadrista di purissima fede, fu col sacro entusiasmo, l’anima della difesa di quel lontano lembo di terra italiana. Uolchefit, Africa Orientale, aprile-agosto 1941″. La tragedia di Luciano Gavazzi non ebbe fine quell’agosto 1941, a Uolchefit. In piena guerra civile, tra il febbraio e l’aprile 1945 (le fonti, in questo, sono discordi) furono uccise da una banda partigiana la moglie di Luciano Gavazzi, Rosina, unitamente alla figlia Luciana appena ventenne.

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