Il disastro dello Struma

Dmitry DenezhkoNon sempre le vittorie dei sommergibilisti sul mare avrebbero rappresentato dei successi da rivendicare trionfalmente. Esattamente come accadde il 24 febbraio 1942 al Tenente Anziano Dmitry Mitrofanovich Denezhko: dal luglio 1939 era al comando del Sommergibile SHCH-213, inquadrato nella 1a Brigata Sottomarini della Flotta del Mar Nero dislocata a Sebastopoli. Dallo scoppio della guerra contro la Germania, aveva già svolto tre missioni di guerra nel Mar Nero, tutte infruttuose, senza avvistare alcunché e senza riportare nessun successo. Quando, il 20 febbraio 1942, salpò per la nuova missione, grande era la voglia dell’equipaggio di colare a picco qualche imbarcazione nemica: e, in effetti, la fortuna sembrò essere dalla parte del Comandante Denezhko già tre giorni dopo la partenza. Avvistata una piccola imbarcazione, per l’SHCH-213 risultò piuttosto facile attaccarla ed affondarla con le artiglierie di bordo da 45 mm: il Cankaya, piccolo piroscafo turco di appena 460 tonnellate diventava così la prima preda di Denezhko. Era il 23 febbraio. Fu il giorno seguente che si profilò la tragedia, passata alla storia come il Disastro dello Struma.

StrumaEra, infatti, accaduto che nel dicembre precedente dalla Romania aveva preso il mare un grande yacht di oltre settanta metri di lunghezza, convertito per esigenze belliche a nave trasporto: si trattava dello Struma, che lasciò il Porto di Costanza con un carico di rifugiati. A bordo, oltre ai dieci membri dell’equipaggio, vi erano 791 Ebrei, intenzionati a raggiungere la Palestina, allora territorio sotto mandato inglese: salpati dal porto affacciato sul Mar Nero, diressero alla volta della Turchia, convinti che le autorità di Istanbul avrebbero concesso loro il visto necessario per l’ingresso nel territorio del Commonwealth e transitare attraverso lo Stretto del Bosforo. Giunta a Istanbul, la nave venne trattenuta per oltre dieci settimane dalle autorità: i Britannici non erano intenzionati a rilasciare i visti necessari per tutti i passeggeri. Nessuno volle prendersi carico del carico dei rifugiati. Senza preoccuparsi minimamente della loro sorte che diventava ogni giorno sempre più incerta, più o meno nelle stesse ore in cui l’SHCH-213 colava a picco la piccola nave turca, d’accordo con i Britannici, lo Struma era nuovamente trainato fuori dalla acque territoriali e lasciato alla deriva nel Mar Nero, a circa sedici miglia dalla costa. Per un problema tecnico, il motore non era più funzionante, lasciando così i quasi ottocento passeggeri al loro destino. Che si compì il giorno seguente. Il Comandante Denezhko avvistò l’imbarcazione praticamente ferma e, dopo un rapido calcolo della distanza, fece partire un siluro: ne bastò uno solo per farla rapidamente affondare.

Dalle acque del Mar Nero, che quel giorno furono un poco meno nere e un poco più rosse del sangue di un popolo che stava subendo uno dei più abominevoli olocausti della storia mondiale, venne tratto in salvo solamente un membro dell’equipaggio, recuperato poche ore dopo dalle autorità turche. Rientrato dalla missione a inizio marzo, l’SHCH-213 avrebbe compiuto la sua ultima navigazione nell’ottobre 1942. Il giorno 14, dopo essere stato individuato da alcune unità della Kriegsmarine adibite alla caccia antisommergibile, venne ripetutamente attaccato con cariche di profondità. Ad un certo momento dello scontro, l’UJ-116 iniziò a notare sulla superficie tutti gli inequivocabili segni che ne provavano il danneggiamento, se non l’affondamento: chiazze d’olio e bolle d’aria, e in seguito detriti e pezzi di legno. In realtà, l’SHCH-213 era stato solamente danneggiato. Da quel giorno, in ogni caso se ne perse ogni traccia, fino al giorno del suo ritrovamento, avvenuto quasi per caso nel 2008 e che ne accreditò l’affondamento per l’urto con una mina: con Dmitry Denezhko trovarono la morte quarantadue membri dell’equipaggio.

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